Nel marzo del 2009 è stata pubblicata la prima opera/divulgativa dell'Avv. Ezio Bonanni, Lo Stato dimentica l’amianto killer, edita dal Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio (Sesto San Giovanni – Milano).
Nell'opera si ripercorrono le fasi della lotta dei lavoratori, nei luoghi di vita e nelle fabbriche, per liberarsi da condizioni di arretratezza sociale, culturale ed economica che hanno portato a privilegiare il profitto sulla vita umana, sacrificata nell'interesse di pochi e con la incapacità dello Stato di imporre il rispetto delle sue stesse leggi.
Nel 2008 è iniziato il crepuscolo dei diritti dei lavoratori e della dignità della persona umana, in un contesto nel quale le lobby la continuano sfacciatamente a fare da padroni, fino alla riforma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e in generale con interventi legislativi a favore del sistema finanziario e bancario, in un vortice caratterizzato da speculazioni finanziarie sulla pelle dei cittadini.
In tale contesto storico, si colloca il ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo contro lo Stato Italiano, che ha discriminato i lavoratori esposti all'amianto (riportato integralmente nella pubblicazione). Nel quadro attuale, questa vicenda sembra lontana anni luce, ma la situazione resta drammatica così come la condizione dei lavoratori, che ora si sono trasformati in disoccupati e i giovani in disoccupati perenni.
Se ne ricava un quadro che è allo stesso tempo epico e drammatico, storie di uomini e di donne, di singoli e di intere società, letteralmente sconvolte dalle morti di amianto, che in qualche caso hanno sterminato intere classi di lavoratori, un genocidio silenzioso e impunito.
Sono passati, ormai e purtroppo, molti anni da quando ci siamo resi conto che tante vittime dell’amianto potevano essere salvate, da quando abbiamo tutti capito che le responsabilità per la tragedia causata da questa fibra–killer sono molteplici e di varia origine, da quando persino le aziende hanno cessato di negare le gravissime e letali conseguenze delle esposizioni all’amianto (purché a loro non attribuibili).
E siamo tutti, lavoratori ed ex lavoratori, cittadini normali e uomini politici, amministratori pubblici e imprenditori, consapevoli del fatto che per decenni questo Stato ha accettato che semplici operai contraessero gravi malattie e morissero a causa del lavoro, per aver avuto a che fare con l’amianto, nonostante la storica evidenza scientifica della natura cancerogena genotossica dell’asbesto: senza intervenire su quella produzione di morte, in nome e a tutela del profitto.
Ma quello che è, per certi versi, ancora più sorprendente è che alla data di oggi – fine 2008 – i lavoratori si vedono ancora costretti a combattere dure, difficili e costose battaglie (anche
legali) per ottenere il riconoscimento di quanto dovrebbe essere loro immediatamente dovuto: il riconoscimento del loro diritto alla salute, alla integrità fisio–psichica e, nei casi più
malaugurati, ad un risarcimento–indennizzo adeguato e decoroso.
Colpisce sempre invece il comportamento farisaico di una certa classe politica e di Governo che, pur non potendo più negare i letali influssi sui lavoratori dell’amianto, ne disconosce però
quelle che dovrebbero ritenersi naturali e logiche conseguenze: sia a livello legislativo, sia a livello di direttive agli enti amministrativi preposti (Inail, Inps, ecc), sia pure a livello di
amministrazione delle cause giudiziarie (civili, amministrative e penali).
Nella nostra Carta Costituzionale, così come in tutte le dichiarazioni internazionali (sia europee che mondiali) a tutela dell’uomo, sono inseriti i principi fondamentali che dovrebbero costituire il punto di riferimento, il faro, per ogni azione di Governo. E tra questi principi, rientrano come insopprimibili e inalienabili il diritto alla salute e il diritto alla propria integrità fisio–psichica: con una sola espressione, il diritto al rispetto della persona e della sua dignità.
La triste vicenda dell’amianto ci conferma invece che siamo ancora lontani dal pieno riconoscimento di questo diritto. Ciò non ci impedisce però di continuare a lavorare e a lottare per fare in
modo che i diritti dell’uomo, in concreto e non solo in astratto, possano essere pienamente e pacificamente riconosciuti, a ogni livello e in ogni settore della nostra vita: da quello politico a
quello giudiziario, da quello sociale a quello amministrativo.