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La Corte di Cassazione, mette il punto sulla diatriba del nesso causale tra esposizione ad amianto e mesotelioma. Qualsiasi esposizione, accelera l’evoluzione della malattia e determina la sussistenza del nesso causale. (nota alla Sentenza della Corte di Cassazione, IV^ sez. pen., 08.05.2014, n. 18933).
La Corte di Cassazione, IV^ Sez. Pen., Sentenza 08 maggio 2014, n. 18933, sancisce il definitivo tramonto della teoria della trigger dose. Gli studi scientifici, dimostrano infatti, la rilevanza di qualsiasi esposizione a polveri e fibre di amianto per l’abbreviazione dei tempi di latenza, l’insorgenza e l’accelerazione del mesotelioma.
Qualsiasi esposizione ad amianto, dimostra la sussistenza del nesso causale, quindi la responsabilità penale e civile di tutti i titolari delle posizioni di garanzia, con i relativi obblighi risarcitori.
Tutte le esposizioni ad amianto, abbreviano la vita dei lavoratori esposti, ai fini della sussistenza della responsabilità, sanciscono l’obbligo di risarcimento di tutti i danni in via solidale. Invece la Sentenza cassata, aveva portato all’assoluzione degli imputati, e al rigetto delle richieste risarcitorie delle parti civili.
La Corte di Cassazione, ha stabilito che la Corte di merito si dovrà uniformare alle leggi scientifiche, e in modo particolare a quelle della dose dipendenza e della rilevanza di qualsiasi esposizione a polveri e fibre di amianto:
“all’esito di una valutazione complessiva dei contributi conoscitivi forniti dagli esperti la Corte di merito ritiene che, pur con qualche riserva, sia più convincente e persuasiva e comunque espressione di un sapere scientifico più largamente condiviso, la tesi dell’effetto acceleratore e della rilevanza causale delle esposizioni successive ….
La tesi della dose killer è espressione di un vecchio e superato modello di cancerogenesi. Ed è superata alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche che indicano un processo ben più complesso, implicante l’intervento di molte variabili oltre alla dose innescante. Inoltre, costituisce sapere scientifico condiviso il fatto che l’evidenza epidemiologica disponibile sia univoca nell'indicare una relazione proporzionale tra dose cumulativa ed incidenza, nel senso che all'aumento dell'esposizione per intensità e durata aumentano i casi di tumore all'interno della popolazione esposta.
Ancora, l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità è indirizzato nel senso della rilevanza dell'effetto acceleratore. Infine, gli studi citati dai periti e dai i consulenti della difesa circa i soggetti che dopo una breve esposizione hanno sviluppato la patologia a distanza di molti decenni non costituiscono una prova sfavorevole alla tesi dell'effetto acceleratore. Si aggiunge che la teoria dell'effetto acceleratore sostenuta in sede epidemiologica ha trovato convincente conferma anche in sede di patologia sperimentale”.
La Corte di legittimità annulla la Sentenza della Corte di Appello di Torino, in quanto aveva escluso il nesso causale tra le esposizioni successive all’insorgenza della patologia e l’evento morte, sulla base di :
"un ruolo non proprio, … di elaborare un originale, eclettico punto di vista scientifico. … nulla si spiega alla luce di quale autorità scientifica sia espresso il giudizio di prevalenza di tale tesi … l’enunciazione, in breve, è non motivata ed incoerente rispetto alla precedente esposizione di carenza di presupposto scientifico accreditato che condiziona la tesi accusatoria … in tale situazione, la pronuncia deve essere annullata con rinvio. La questione dovrà essere esaminata nuovamente a fondo.
I dubbi, le incertezze, le contraddizioni dovranno essere se possibile risolti in modo convincente. Come già enunciato si dovrà compiere, con l'ausilio di esperti qualificati ed indipendenti, una documentata metanalisi della letteratura scientifica universale. Le opinioni e le enunciazioni degli esperti di parte dovranno essere vagliati, se necessario, con l'aiuto di periti. Ma ci si dovrà astenere da valutazioni ed enunciazioni scientifiche proprie.
Infatti, né il giudice di merito né quello di legittimità possono ritenersi ad alcun titolo detentori di sapere scientifico, che deve essere invece veicolato nel processo dagli esperti. Alla luce di tali principi sarà pure vagliata la questione inerente alla dipendenza da mesotelioma della morte del lavoratore R.”.
Il ruolo degli esperti è dunque essenziale e decisivo, e porta ad affermare che il mesotelioma è patologia dose-dipendente. I tempi di latenza, sono inversamente proporzionali all’esposizione per intensità e durata, e con un ruolo acceleratore nell’evoluzione della malattia, e conseguente responsabilità penale e civile.
Ben diversamente, negare questo ruolo può portare al rigetto dell’istanza risarcitoria sul presupposto che il mesotelioma possa considerarsi legato all’esposizione extralavorativa. Oppure il rigetto può derivare dall' assenza di rilevanza delle altre esposizioni, ovvero della semplice incertezza sull’origine professionale o meno della dose killer, così detta innescante.
Le fibre e le fibrille di amianto, penetrano nelle cellule polmonari o nel mesotelio, alterano le strutture cellulari ed interferiscono con il regolare processo di divisione cellulare. Ciò emerge dalla formazione di cellule giganti multinucleate (Malorni et altri. 1990).
Gli stessi autori hanno riportato che il crisotilo, penetrato nella cellula, entra nel nucleo introducendo alterazioni di cromosomi durante la fase di divisione cellulare. Chrug et al. (1989), hanno stimato che le fibre corte hanno un effetto fibrogenico superiore a quanto studi precedenti condotti su ratti avevano evidenziato.
L'asbesto è inoltre in grado di produrre vari tipi di radicali ossigenati (ROS). I quali, se si formano in prossimità del DNA, possono reagire con esso, determinando rotture e modificazioni della sequenza delle basi nucleotidiche (An Xu et al. 1999). Le capacità quindi, dell'asbesto di essere un agente clastogenetìco (DNA reattivo) ed anche tossico (con aumento della proliferazione cellulare rigenerativa), lo rendono di fatto un agente cancerogeno completo.
Il fatto che l'azione cancerogena dell'amianto, al pari di altri agenti cancerogeni forti come il cloruro di vinile, il benzene, l'alfatossina, le radiazioni ionizzanti, richiedano un lungo periodo di latenza (20-30 anni) per esprimersi, indica che devono verificarsi stocasticamente molteplici errori genetici di una singola cellula prima che da essa possa iniziare quel processo irreversibile clinicamente evidente (Cohen & Arnold 2011).
Quando questo evento avrà luogo nei 20-30 anni di latenza, e quanto tempo sarà richiesto perché si arrivi a un tumore clinicamente evidente, è una sfida conoscitiva che continua ancora oggi. I meccanismi proposti per la cancerogenicità delle fibre attengono sia le fasi iniziali che alle fasi finali. In questo quadro, le fibre possono danneggiare direttamente o indirettamente le cellule mesoteliali, anche con meccanismi di tipo genotossico, e/o stimolarne la proliferazione.
La stimolazione cronica delle proliferazione di cellule mesoteliali può portare ad una accumulazione di mutazioni spontanee, che conferiscono vantaggi proliferativi a popolazioni cellulari preneoplastiche.
Fibre persistenti nel connettivo submesoteliale, possono innescare il rilascio cronico di chitochine e fattori di crescita da parte di macrofagi attivati, determinando uno stimolo continuativo alla crescita cellulare.
In questo quadro, devono essere considerati efficaci gli effetti cumulativi della persistenza nei tempi delle esposizioni.
In particolare, esposizioni anche successive a quelle iniziali, hanno un valore contributivo riguardo allo sviluppo del tumore.
È un dato consolidato e condiviso dalla comunità scientifica, che nel processo di cancerogenesi, l'entità dell'esposizione è in relazione alla eventualità di sviluppo della neoplasia. Più alta è l'esposizione, maggiore è il rischio di insorgenza della neoplasia.
L'avvio del processo neoplastico è causato dalla trasformazione di una cellula normale in cellula maligna, il che avviene durante la duplicazione del DNA. Più alta è l'esposizione cumulativa, maggiore è la probabilità che si verifichi la trasformazione della cellula normale in cellula neoplastica maligna.
Il danno cellulare inducibile in una singola cellula, non ha una soglia conosciuta (anche se l'esistenza di quest'ultima non può essere esclusa) ed è di tipo stocastico, cioè probabilistico. L'andatura stocastica del processo di cancerogenesi, rende difficoltosa la stima della durata del processo di trasformazione neoplastìca.
Quest'ultimo si colloca all'interno del tempo di latenza (cioè del periodo intercorrente tra l'inizio dell'esposizione e diagnosi clinica della neoplasia).
La durata della latenza, nei sistemi sperimentali considerati, dipende dal livello dell'esposizione oltre che da altri fattori quali:
Tali fattori intervengono nelle varie fasi del processo neoplastico, dalla induzione alla promozione e progressione.
La letteratura medica e medico legale, ha preso atto dei dati della ricerca scientifica, che ha rilevato una relazione dose-risposta, tra livello di esposizione ad amianto ed insorgenza dei mesotelioma. Ciò era stato, inizialmente descritto, osservando i lavoratori del settore tessile (Newhause 1969 e Newhause & Berry 1979).
Seidman e altri studiosi, nel 1979, evidenziavano come al decrescere della dose è richiesto un tempo più lungo perché si manifesti l'esperienza avversa della mortalità.
Se non è possibile evitare del tutto l'esposizione ad agenti cancerogeni, la riduzione dell'esposizione può sia differire il verificarsi di effetti avversi, sia ridurre la frequenza del loro accadimento.
Il tema della relazione, tra esposizione cumulativa all'amianto e mortalità per mesotelioma, è stato ripreso da molti autori. Alcuni hanno messo in evidenza, significative relazioni tra rischio mesotelioma e concentrazioni di fibre amianto nel tessuto polmonare fra i minatori di crocidolite in Australia.
Il perito, ha ulteriormente ricordato, contributi scientifici che dimostrano una relazione dose-risposta già a livelli di esposizione, nell'ordine di O.5ff/ml/anni. Il rischio aumenta con l'aumentare della dose cumulativa, a partire da una soglia molto bassa, ma tuttora non definibile. La giurisprudenza ha, peraltro, più volte affermato la sussistenza di un rapporto esponenziale, tra dose di cancerogeno assorbita e risposta tumorale.
Più aumenta la dose di cancerogeno, maggiore è l'incidenza dei tumori che derivano dall' esposizione, minore è la durata della latenza. Ciò non significa altro che aumento degli anni di vita perduti o per converso, anticipazione della morte. (v. Cass. Sez. IV 988/2002: Cass. Sez IV n. 22165/2008: sez IV 33311/12).
La Corte di Cassazione in plurime Sentenze tra le quali quella della IV Sezione Penale n°24997/12 e per tutte è sufficiente richiamare il contenuto della Sentenza n. 33311 del 27.08.2012, la Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, facendo esplicito riferimento alle teorie della c.d. trigger dose, aveva affermato la sua infondatezza:
“Non assume rilievo decisivo l’individuazione dell’esatto momento di insorgenza della patologia (Sezione IV, 11.04.2008, n. 22165), dovendosi reputare prevedibile che la condotta doverosa avrebbe potuto incidere positivamente anche solo sul suo tempo di latenza, ampiamente motivata appare la statuizione gravata nella parte in cui giudicata inattendibile la teoria della cosiddetta trigger dose, assume che il mesotelioma è patologia dose dipendente.
Correttamente la sentenza impugnata ha chiarito come da una conclusione scientificamente non contestabile dello studioso Irving Selikoff si era giunti ad elaborare l'inaccettabile tesi secondo la quale poichè l'insorgenza della patologia oncologica era causata anche dalla sola iniziale esposizione (c.d. "trigger dose" o "dose killer"), tutte le esposizioni successive, pur in presenza di concentrazioni anche elevatissima di fibre cancerogene, dovevano reputarsi ininfluenti.
Trattasi di una vera e propria distorsione dell'intuizione del Selikoff, il quale aveva voluto solo mettere in guardia sulla pericolosità del contatto con le fibre d'amianto, potendo l'alterazione patologica essere stimolata anche solo da brevi contatti e in presenza di percentuali di dispersione nell'aria modeste. Non già che si fosse in presenza, vera e propria anomalia mai registrata nello studio delle affezioni oncologiche, di un processo cancerogeno indipendente dalla durata e intensità dell'esposizione.
Ciò ha trovato puntuale conferma nelle risultanze peritali alle quali il giudice di merito ha ampiamente attinto. Infatti, la molteplicità di alterazioni innestate dall'inalazione delle fibre tossiche necessita del prolungarsi dell'esposizione e dal detto prolungamento dipende la durata della latenza e, in definitiva della vita, essendo ovvio che a configurare il delitto di omicidio è bastevole l'accelerazione della fine della vita. Pertanto, di nessun significato risulta l'affermazione che talune delle vittime venne a decedere in età avanzata.
La morte, infatti, costituisce limite certo della vita e a venir punita e la sua ingiusta anticipazione per opera di terzi, sia essa dolosa, che colposa. L'autonomia dei segnali preposti alla moltiplicazione cellulare, l'insensibilità, viceversa, ai segnali antiproliferativi, l'evasione dei processi di logoramento della crescita cellulare, l'acquisizione di potenziale duplicativo illimitato, lo sviluppo di capacità angiogenica che assicuri l'arrivo di ossigeno e dei nutrienti e, infine, la perdita delle coesioni cellulari, necessarie per i comportamenti invasivi e metastatici, sono tutti processi che per svilupparsi e, comunque, rafforzarsi e accelerare il loro corso giammai possono essere indipendenti dalla quantità della dose.
Ciò ancor più a tener conto che l'accumulo delle fibre all'interno dei polmoni, continuando l'esposizione, non può che crescere, nel mentre solo col concorso, in assenza d'ulteriore esposizione, di molti anni, lentamente il detto organo tende a liberarsi delle sostanze tossiche, essendo stato accertato, dagli studi di Casale Monferrato, dei quali appresso si dirà, che l'accumulo tende a dimezzarsi solo dopo 10/12 anni dall'ultima esposizione”.
Questa Sentenza, il cui relatore è il Dott. Blaiotta, (che fu relatore anche della Sentenza Cozzini Cass. IV^, 17.09.2010, Rv 248944) segna quindi una definitiva inversione di rotta.
Viene superata la teoria della trigger dose, sostenuta dai consulenti di parte dei datori di lavoro, che miravano a legare l’insorgenza del mesotelioma ad una sola esposizione. Questo avrebbe dovuto portare, a poter non affermare la penale responsabilità degli imputati, e quindi a negare il diritto al risarcimento dei danni.
Se ha rilevanza qualsiasi esposizione, significa che la responsabilità è di tutti i titolari di posizioni di garanzia: titolari della gestione dei siti lavorativi, e delle relative società e/o enti. Nell’interesse dei quali, hanno agito oltre che dei datori di lavoro (con obbligo solidale a loro carico)a titolo di responsabilità contrattuale, che extracontrattuale, diretta e vicaria.
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- Dubini R., Amianto e sorveglianza sanitaria: un brutto passo falso, 2006
- Giovanardi e altri, Rassegna della Cassazione (amianto), 2006
- Gremigni P., Lavoratori dell’amianto: la nuova disciplina ..., 2006
- Putrignano V., Esposizione "qualificata" all'amianto e benefici previdenziali, 2006
- Riverso R., L’amianto negato ed impunito per i lavoratori morti per mesotelioma ..., 2006
- Rodà G., Lavoratori esposti all’amianto e benefici previdenziali, 2006
- Zilio Grandi G., Brevi cenni su amianto, risarcimento del danno e competenza funzionale, 2005