Si ha diritto al risarcimento violazione consenso informato. Il consenso informato è l'autorizzazione consapevole del paziente, al trattamento medico sanitario. Infatti, solo con la corretta informazione può sussistere un consenso che sia informato. Uno dei diritti fondamentali del paziente è quello di essere sottoposto al trattamento sanitario solo su sua richiesta.
Quindi è fondamentale che il paziente riceva tutte le informazioni circa il suo reale stato di salute e le diverse opzioni terapeutiche. Il paziente ha il diritto di chiedere al medico, allo psicologo, all'infermiere o altro professionista sanitario, tutte le informazioni che ritiene necessarie per decidere se sottoporsi o meno al trattamento terapeutico o al semplice esame diagnostico.
Il consenso informato giurisprudenza è il presupposto per poter ritenere lecita l'attività sanitaria. In assenza di questo, sussiste la responsabilità civile e quindi l'obbligo risarcitorio dei danni subiti dal paziente.
Le finalità del consenso informato sono quelle di favorire una scelta libera del paziente non solo in merito alla sottoposizione ad un intervento chirurgico ma anche all'eventuale scelta tra diversi trattamenti.
L'Avv. Ezio Bonanni, iscritto nell'Albo speciale dei difensori presso la Suprema Corte di Cassazione, è specialista nella difesa legale dei pazienti. In particolare di coloro che non hanno ricevuto adeguate informazioni e per questo hanno subito dei danni.
Nel caso in cui sia violato il diritto al consenso sussiste la responsabilità sia della struttura che dei sanitari. Si deve precisare che la sottoscrizione di un modulo generico non è sufficiente a dimostrare la sussistenza del consenso che deve essere reso dopo un'adeguata informazione.
Infatti, in caso contrario, non si può parlare di un consenso informato, che sia validamente espresso. Così la Corte di Cassazione con la sentenza 19 settembre 2019, n. 23328.
Tanto è vero che, in questi casi sussiste il diritto al risarcimento del danno sempre e comunque. Infatti la lesione del diritto all’informazione dettagliata e adeguata, dà diritto al risarcimento del danno.
La violazione dell’obbligo informativo grava sia sul personale medico che sulla struttura sanitaria. Inoltre, costituisce duplice lesione dei diritti del paziente: danno alla salute e lesione del diritto all'autodeterminazione, dai quali discende quindi l'obbligo di risarcimento del danno.
È sufficiente che il paziente dimostri la violazione dell'obbligo di autodeterminazione, ovvero la violazione dell'obbligo del consenso informato, e che non avrebbe accettato di essere sottoposto a tale trattamento, oppure l'esatto contrario, nel caso in cui fosse stato correttamente ed adeguatamente informato.
La responsabilità del sanitario per violazione dell'obbligo di acquisire il consenso informato discende dal solo fatto della sua condotta omissiva. Rileva soltanto che, a causa del deficit di informazione, il paziente non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni.
La Suprema Corte ha ribadito la propria giurisprudenza in tema di consenso informato nell’attività medico-chirurgica e sulla violazione del diritto di autodeterminazione (diverso dalla lesione del diritto alla salute), soffermandosi altresì sul nesso di causalità nella responsabilità civile.
In particolare Cassazione civile, sez. III, sentenza 8163 del 23 marzo 2021, stabilisce che: "in tema di responsabilità medica, la lesione del consenso informato è risarcibile autonomamente se il paziente prova la diversa volontà".
La Corte di Cassazione, con riferimento all'obbligo del consenso informato, si è pronunciata con plurime sentenze, che sono state oggetto di specifica disamina da parte dell'Avv. Ezio Bonanni, il quale ha ottenuto significativi risultati nella tutela dei diritti del paziente.
In molti casi, i Giudici di merito, sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione, hanno emesso sentenze di condanna al risarcimento del danno per violazione degli obblighi del consenso informato (art. 35 del codice di deontologia medica).
Il diritto del paziente ad essere informato costituisce un'autonoma fonte di obbligazione rispetto all'esatta esecuzione dell'intervento (art. 32 del codice di deontologia medica).
Il medico ha l'obbligo, non solo di svolgere esattamente l'intervento, ma anche di informare il paziente circa le conseguenze dello stesso. Pertanto, in caso di inadempimento, il paziente potrà richiedere il risarcimento, non solo dell'inesatto adempimento, ma anche dell'autonoma voce del danno derivante dalla mancata informazione.
In punto di consenso informato, la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. III, Sent. n°10414/2016) ne ha sottolineato la natura di manifestazione della consapevole adesione al trattamento terapeutico proposto dal sanitario. Pertanto, si impone la sua idoneità a fornire al paziente tutte le informazioni scientifiche riguardo le terapie, l'intervento chirurgico, le relative modalità e conseguenze.
Deve essere completo ed esaustivo anche in merito ai rischi non frequenti, salvo per gli esiti tanto anomali da porsi al limite del caso fortuito, irrilevanti in quanto idonee in ogni caso ad interrompere il nesso causale.
La Corte di Cassazione precisa, poi, che l'acquisizione del consenso informato è una prestazione del sanitario diversa rispetto all'azione terapeutica. Pertanto, l'errore nel conseguimento del consenso integra un danno ulteriore, suscettibile di autonomo risarcimento rispetto a quello relativo la violazione dell'obbligo di informazione.
Infatti, nelle due ipotesi vengono tutelati e, eventualmente, compromessi diritti diversi:
Il professionista sanitario ha l'obbligo di fornire tutte le informazioni possibili al paziente in ordine alle cure mediche o all'intervento chirurgico da effettuare. Quindi, deve sottoporre al paziente, perché lo sottoscriva, un modulo non generico, dal quale sia possibile desumere con certezza l'ottenimento in modo esaustivo da parte del paziente di dette informazioni.
Conseguentemente, il medico-chirurgo viene meno all'obbligo a suo carico rispetto all'ottenimento del consenso informato, ove non fornisca al paziente, in modo esaustivo, tutte le informazioni scientifiche sull'intervento chirurgico che intende eseguire. In particolare, il paziente deve essere informato soprattutto sul bilancio rischi/vantaggi dell'intervento. È il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, con sentenza 31 luglio 2013, n. 18334.
Deve ravvisarsi una responsabilità del medico che non abbia fornito al paziente un' adeguata informazione sui possibili rischi degli interventi chirurgici. Inoltre la responsabilità del medico deve ravvisarsi anche nel non aver prestato sufficiente attenzione alla storia clinica del paziente e di aver sottovalutato una serie di elementi indicativi di un elevato grado di rischio.
L'obbligo di sottoporre al paziente, perché lo sottoscriva, un modulo relativo al «consenso informato», va assolto a fortiori.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14024/2013 ha stabilito che non è valido il consenso informato se espresso per un intervento chirurgico differente. Quindi, la possibilità di estensione viene negata anche in riferimento alle ipotesi in cui la diagnosi precisa sia formulata, per necessità, nel corso dell'operazione chirurgica.
Conseguentemente, è gravemente carente la motivazione di una sentenza che consideri ricompresi i rischi connessi ad un diverso intervento chirurgico, nel consenso prestato per l'intervento originario.
Quindi, il consenso informato, lo si ricorda, è strettamente legato alla terapia o all'intervento concordato, attenendo anche al rapporto di fiducia e affidamento che si instaura tra medico e paziente.
Il malato presta il proprio consenso ad un intervento che gli viene spiegato in relazione ai rischi, alla possibilità di complicanze, ai vantaggi ed eventuali ulteriori effetti. Non può, pertanto, essere prestato in riferimento ad un intervento più complesso, più delicato o comunque soggetto a complicazioni diverse di cui il paziente non può essere a conoscenza.
Inoltre la recente sentenza 39084 del 9 dicembre 2021 della Cassazione civile, sez. VI fa un'ulteriore precisazione: "in materia di responsabilità medica, in caso di intervento chirurgico, una volta prestato il consenso, quest’ultimo non è richiesto di nuovo in caso differimento dell’operazione. Il differimento dell’intervento chirurgico non necessita cioè di un ulteriore consenso informato da parte del paziente".
Dunque si tratta di un documento preciso, strutturato nel contenuto e nelle forme. Infatti, rispetto al diverso intervento, verrebbe meno l'informazione e così la possibilità di autodeterminarsi, non diversamente da quanto avviene in totale assenza di consenso.
Secondo la Cassazione, allora, l'estensione non sarebbe logica, integrando, piuttosto, la violazione ovvero la mancata applicazione degli artt. 2, 13 e 32 della Cost.. Inoltre, in questi casi risultano lesi anche altri diritti tra i quali quelli di cui all'art. 3 della carta di Nizza. Dunque la responsabilità deve essere dichiarata ai sensi degli artt. 1218, 1176, 2230, 2236 c.c..
In ultimo, essa integrerebbe anche la violazione della volontarietà degli accertamenti e trattamenti sanitari, di cui all'art. 33 co.1 L. 833/1978 in relazione all'art. 360 co.1 n.3 c.p.c.
Secondo Corte di Cassazione, Sentenza n°18185/2013, non serve il rinnovo del consenso informato se si opera in regime d'urgenza.
In tema di colpa professionale medica, la mancata rinnovazione del consenso informato, in caso di atto operatorio più grave rispetto a quello per il quale era stato espresso l'iniziale consenso, è fonte di responsabilità penale per il medico, salvo che il compimento dell'atto avvenga in una situazione di urgenza e d'imprevedibile evoluzione delle condizioni del paziente.
Con la sentenza n° 18185/2013 la Corte di Cassazione si è interrogata sulla configurabilità della responsabilità del medico nei casi di urgenza, pericolo di vita o imprevedibile evoluzione del quadro clinico del paziente. Il problema, in particolare, si pone qualora il sanitario non abbia svolto gli esami idonei ad individuare le alternative alle azioni che poi hanno causato eviti nefasti.
Quindi, nell'attività medica, talvolta, è complesso se non impossibile definire l'omissione dei suddetti esami in termini di negligenza o imperizia. In particolare la responsabilità professionale medica per negligenza o imperizia nel disporre ulteriori accertamenti in queste ipotesi non è addebitabile ai sanitari che abbiano operato in situazioni di emergenza o imprevedibile evoluzione della condizione del paziente. Conseguentemente non è loro addebitabile neanche l'omessa richiesta di rinnovazione del consenso informato.
Quindi in modo coerente con l'art. 36 del Codice di Deontologia Medica, che impone l'intervento in situazioni di urgenza. Nel fare ciò, è previsto che egli tenga conto delle volontà del paziente se espresse, ma nulla viene specificato qualora esse non siano state manifestate o ineriscano altri interventi. Pertanto, in siffatte ipotesi occorre prevalga il diritto alla salute.
L'orientamento pretorio è stato riconfermato dalla Cassazione penale anche con la pronuncia Cass. Pen. Sez. IV, n. 2354/2018. L'obbligo di acquisire il consenso, infatti, non integra una regola cautelare la cui inosservanza è idonea ad influire sulla colpevolezza.
Dunque, il consenso informato non è preordinato ad evitare gli effetti dannosi prevedibili, quanto, piuttosto a tutelare il diritto alla salute e ad una scelta consapevole.
Esso, allora diviene elemento rilevante ai fini della colpa unicamente quando la mancata prospettazione delle alternative possibili, nel consenso informato, abbia determinato un approccio interventistico approssimativo ed inutilmente rischioso. Questo non può affermarsi allorquando il sanitario abbia dovuto operare una scelta determinata da urgenza e imprevedibilità.